Interprete e traduttrice, ma soprattutto professionista curiosa: Sandra Bertolini è tutto questo e molto di più (in barba ai pronostici della sua insegnante di francese!). Specializzata nel settore tecnico-scientifico, ai suoi occhi il traduttore è una sorta di “biologo delle parole”, incaricato di tenere vivi e proteggere anche gli habitat più apparentemente aridi, ma così necessari nel quotidiano di tutti noi. Per questo a TradPro2019 sfaterà il pregiudizio secondo cui creatività e traduzione tecnica sono pianeti distanti, spiegandoci come possiamo sfruttare al meglio le nostre abilità linguistiche per intrecciare la fitta rete di relazioni e scambi che arricchiscono il nostro mondo.
Raccontaci com’è iniziato tutto: come ti sei innamorata delle lingue straniere e quando hai capito che sarebbero diventate il tuo pane quotidiano?
Alla scuola media direi, lì ho preso la decisione di studiare lingue e ricordo che la mia insegnante di francese (non correva buon sangue tra noi devo ammettere) disse a mia madre alla fine del percorso di studio che avrei potuto studiare tutto, ma sicuramente non le lingue straniere! Ogni volta ci ripenso e sorrido, visto chele lingue sono la mia professione, la mia vita.
Come traduttrice lavori in ambito tecnico-scientifico, un settore spesso considerato ostico, in particolar modo dai giovani che si avvicinano a questa professione. Tu cosa apprezzi di questa specializzazione e cosa ti senti di consigliare agli aspiranti traduttori che la guardano con timore?
Un romanzo esercita un fascino maggiore di un manuale per manutentori di caldaie, è innegabile. Penso però che le parole appena condivise dal nostro Presidente Mattarella esprimano molto bene il ruolo del traduttore: Narciso, che si specchia in se stesso, ha la tendenza di individui ma anche di collettività, anche di Paesi, di chiudersi in se stessi, di rifiutare di fare quel che fa un traduttore che traducendo un testo da una lingua all’altra, in realtà abbatte una frontiera, la supera, e collega realtà diverse tra di loro che poi tanto diverse, in definitiva, non sono.E questo lo si fa anche con le traduzioni tecniche, si collegano culture, esperienze, persone. La traduzione tecnica non aumenterà forse la tua visibilità “sociale”, mai complimenti che si ricevono perché la terminologia è stata utilizzata in modo corretto, le annotazioni fatte sono puntuali, il cliente riconosce le tue solide conoscenze tecniche ti riempiono di gioia e ti fanno capire che sei sulla strada giusta. Sei quindi riuscita nell’intento di creare un prodotto che svolgerà al meglio la funzione per cui era stato pensato, e non è poco.
Oltre che traduttrice sei anche interprete di conferenza: due mondi che hanno molto in comune (al punto che spesso i profani li confondono) ma che in realtà sono profondamente diversi. Quali similitudini e quali differenze trovi tra questi due aspetti del tuo lavoro e cosa cambia in te quando passi dalla modalità traduttrice alla modalità interprete?
La prima similitudine che mi viene in mente è il lavoro costante che si deve fare per mantenersi aggiornati, l’impegno continuo sulla terminologia che ovviamente rappresenta la base comune di questo nostro lavoro. La differenza essenziale è che un traduttore ha un tempoa disposizione che l’interprete di conferenza non ha, il traduttore può fare ricerche per trovare l’espressione che più sente idonea per quel tipo di contesto. L’interprete deve avere una soluzione pronta, magari il termine proposto non sarà il più corretto, ma quello che è importante in quel contesto è seguire il flusso e garantire la comprensione tra le parti nel miglior modo possibile.
Ci hai detto che la tua parola chiave, tanto nella vita quanto nella professione, è “curiosità”. Puoi spiegarci perché questo concetto è così importante per te, cosa ti ha dato e dove ti ha portata?
La curiosità è un elemento essenziale della mia vita e riguarda tanti ambiti: viaggi, letture di vario tipo, mostre, film, tavole rotonde. Tutto ciò contribuisce all’arricchimento personale. Inoltre bisogna essere curiosi su tutto ciò che riguarda la nostra vita professionale, perché la conoscenza è poteree solo tramite essa possiamo aumentare la nostra consapevolezza e comprendere quali sono non solo i nostri doveri, che ci vengono spesso ricordati a volte anche a sproposito, ma anche i nostri diritti di cui molte persone sono assolutamente ignare.
A TradPro 2019 terrai un intervento dal titolo Creatività nella traduzione tecnica, un ossimoro?Perché secondo te molte persone, traduttori compresi, ritengono che la traduzione tecnica sia una sorta di landa desolata? E come possiamo sfatare questo pregiudizio?
Una risposta franca? La traduzione editoriale appare un’attività in un certo qual modo più nobile, perché nell’idea comune si pensa al proprio nome pubblicato insieme a quello dell’autore. La traduzione tecnica non può onestamente esercitare lo stesso fascino. Vuoi mettere poter dire “Ho tradotto l’ultimo romanzo scritto dall’autore tal dei tali” e dire invece “Ho tradotto un manuale per la formazione degli elettricisti”? Non c’è storia… diciamocelo. Perché nell’immaginario comune il traduttore è “quello che traduce libri”, il resto sembra un mondo dimenticato e nessuno vuol far parte di questo oblio. Un oblio che però dà voce a manualistica, siti web, contratti, vertenze, memorie, comunicati stampa, e tanto altro senza cui non sarebbe neppure pensabile il mondo come lo conosciamo e lo viviamo oggi. Quindi quello che alcuni vedono come una landa desolata, in realtà è una foresta lussureggiante piena di tante opportunitàe il nostro compito è prendercene cura e far sì che la foresta non venga disboscata da chi non ha competenze, da chi non usa “creatività”. Pensando alla landa desolata mi viene in mente Gilles Clément, che nel Manifesto del Terzo paesaggioafferma che “i luoghi abbandonati dall’uomo presi nel loro insieme sono fondamentali per la conservazione della diversità biologica”. Quindi i traduttori tecnici hanno il compito di percepire l’energia di questi luoghi, di queste lande desolate, e di farla fluire così da garantire il futuro degli scambi e delle relazioni menzionate da Mattarella, perché un mondo senza traduzione (anche tecnica) sarebbe sicuramente un mondo molto più limitato e povero.
Sandra Bertolini è traduttrice certificata a norma UNI 11591:2015. Socia ordinaria AITI (Associazione italiana traduttori e interpreti) dal 2007, presidente nazionale di AITI dal 2009 al 2017. Membro del consiglio della FIT (Federazione Internazionale dei traduttori) dal 2014 al 2017, attuale tesoriera della FIT e membro di diverse Task Force and Standing Committee in seno alla Federazione. Parola chiave nella vita e nella professione: curiosità.
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