Come presentarsi sul web con stile? Risponde Maria Pia Montoro

Maria Pia Montoro nella vita fa la terminologa al Parlamento Europeo, ma con il topo da biblioteca non ha assolutamente niente a che spartire: frizzante e leggiadra, ha concluso con un’esplosione di fuochi d’artificio la Giornata del Traduttore 2016, come solo una vera diva (o meglio, <div>a) sa fare. Se nel suo intervento ha seminato suggerimenti a profusione per affrontare il mondo del web in generale, e dei social in particolare, con uno stile che ci renda unici e ci rappresenti al meglio, in quest’intervista dona i suoi tip a tutti i lettori pronti a uscire dal guscio con l’indispensabile tocco di classe.

maria-pia-montoro-2Nel tuo scoppiettante intervento alla GdT hai parlato di come diventare <div>a, ovvero come usare i nuovi strumenti tecnologici per proiettare un’immagine professionale che brilli di luce propria. Quanto conta oggi per un traduttore essere presente sui social come LinkedIn, Facebook, Twitter o Instagram? Secondo te ci si può ancora nascondere dietro la riservatezza (e magari un certo snobismo), o è diventato un passaggio obbligato?

Grazie per lo “scoppiettante”e per come hai riassunto perfettamente la mia presentazione in una frase! Rispondendo alla tua domanda, il traduttore non può fare a meno di essere sui social per i seguenti motivi:

1. Il traduttore è un imprenditore, deve trovare clienti.

2. Il traduttore è un imprenditore, deve farsi pubblicità.

3. Il traduttore deve avere una rete di colleghi a cui fare riferimento per ogni tipo di informazione e aiuto o semplicemente per creare sinergie.

4. Il traduttore deve avere una rete di esperti da consultare e deve poter contare su di loro; deve perciò mantenere un rapporto costante con loro.

5. Il traduttore deve avere una rete di amici che lo aiutino a migliorarsi e a promuovere la sua attività.

6. Il traduttore deve tenersi costantemente aggiornato ed i social sono canali di informazione (se gestiti bene).

7. Il traduttore deve anche concedersi due risate.

A mio avviso, quindi, è un passaggio obbligato. In un modo o nell’altro, il nostro nome sarà online: un amico pubblica una foto di gruppo in cui ci siamo noi, un amico parla di noi sui social, l’università pubblica il nostro nome e il nostro punteggio di esame (come è successo a me). È impossibile sfuggire, meglio allora prendere il controllo e decidere cosa far sapere agli altri di noi!

Molti traduttori scelgono la strada del sito o del blog per uscire dai confini ristretti dell’immagine social, farsi conoscere meglio e trovare nuovi contatti. Cosa dovrebbero dire di noi il nostro sito e il nostro blog? Come per ogni <div>a che si rispetti, quanto conta il <body> e quanto la <head> della nostra immagine professionale?

Il blog o il sito devono rappresentare quell’attività alla quale ci dedichiamo quando abbiamo un po’ di tempo libero, quando anche in quei venti minuti di fila in banca o in autobus ci mettiamo a pensare a cosa scrivere, cercando online ispirazione e risorse. Io sono contro le regole su come e quando postare, con che frequenza, sul pianificare l’ora esatta per la condivisione sui vari canali social. Si, certo, molte persone hanno bisogno della ricetta da seguire, ma io credo che invece si tratti di una attività basata molto sull’empatia. Deve essere qualcosa a cui ci dedichiamo solo quando ci va. Ho l’ispirazione? Bene, allora butto giù la mia idea. Trovo un bel soggetto da fotografare? Faccio la foto e la uso per il mio prossimo post. Non ho idee? Pazienza, i miei vecchi contenuti sono sempre lì, non scompaiono mica. C’è sempre qualcuno che si imbatte sul nostro blog per la prima volta, per un qualsiasi motivo. Per qualcuno siamo sempre una novità. I social sono tali perché rappresentano l’estensione virtuale delle nostre azioni e dei nostri pensieri, ci permettono di raggiungere esponenzialmente molte più persone di quanto potevamo raggiungere negli scorsi vent’anni. Se ci va di comunicare, abbiamo mille modi per farlo; se, invece, una sera odiamo tutti, ci arrotoliamo sotto le coperte e guardiamo un film o leggiamo un libro. Se non abbiamo nulla da dire, nessuno ci obbliga a farlo. Il nostro blog deve contenere semplicemente i nostri interessi, quello che ci piace fare e dire. Il lettore percepirà il nostro entusiasmo ed é proprio questo entusiasmo che dà valore al nostro blog. Ci piace il nostro lavoro? Allora parliamo del nostro lavoro. Ci piace la cucina africana? Parliamo della cucina africana. Possiamo avere un blog professionale e uno di puro diletto. Clienti e opportunità possono arrivare da entrambi i canali. Potremmo trovare clienti al corso di cucina africana, perché no? Gli hobby e gli interessi danno colore e carattere al professionista. Se l’hobby coincide col lavoro (come nel mio caso) be’, tanto meglio!

Un dubbio che assale molti traduttori quando decidono di buttarsi nella rete riguarda l’immagine professionale che vogliono trasmettere. Credi che gli aspetti più privati che tutti tendiamo a esprimere nei social (gusti, interessi, riflessioni…) vadano lasciati fuori o possano diventare “l’accessorio che fa la differenza”?

Questa è una scelta fortemente personale. A me non interessa sapere che il figlio di tizio ha mangiato la pappetta al pomodoro, ma potrei ridere a vedere il video dello stesso bimbo che lancia la pappa addosso al gatto. È tutta una questione di stile. Bisogna saper raccontare una storia. C’è chi è bravo a parlare della propria quotidianità facendomi sbellicare dal ridere e chi mi annoia da morire facendo la cronaca dei pensieri che si affastellano nella sua mente mentre aspetta l’autobus.

Per quanto riguarda la riservatezza, si può essere online senza parlare della propria vita privata. Si sceglie cosa pubblicare e si filtrano le informazioni. Nessuno va a fare la spesa in pigiama; lo stesso dicasi per i social. Alcune persone non hanno il minimo problema a postare foto della propria casa in disordine o di se stesse in tuta e mollettone nei capelli, ma io non lo farei mai. Mi limito a pubblicare cosa leggo, cosa scrivo, a interagire con i miei amici e colleghi. Pubblico i miei selfie solo se sono felice e raggiante e fotografo le mie mani solo quando ho lo smalto. E poi ricordiamoci che Google ricorda tutto. Dobbiamo scegliere bene cosa mostrare di noi!

 Nel tuo intervento hai sottolineato l’importanza di trovare un proprio stile personale, che ci renda unici o quantomeno ci faccia emergere dalla massa. In quale specchio dobbiamo guardarci per capire cosa “ci dona” di più? Che domande dobbiamo porci e dove possiamo trovare ispirazione (e poi conferme) per identificare il nostro stile?

Avere buoni amici, reali e virtuali. Circondatevi di amici sinceri che vi dicano la verità. Se una foto fa schifo, loro vi contattano privatamente e ve lo dicono. Se fate errori nei vostri post, ve lo riferiscono. Se esprimete un’opinione un po’ forte, vi fanno capire che magari quello non è il modo giusto di dire certe cose. Non fidatevi dei like, a volte la persona che mette il like è la stessa che fa lo screenshot della vostra foto e vi prende in giro con qualcun altro. Usate i social per creare delle sinergie e selezionate dai vostri contatti le persone di cui vi fidate e che possano farvi un “mentoring social. Queste persone vi guideranno apprezzandovi quando fate un bel lavoro e criticandovi in maniera costruttiva quando sbagliate. Vi consiglieranno su come miglioravi e vi ispireranno nuove idee. A mio avviso, il successo sui social non si misura dal numero dei like ma dall’effetto che fate su chi vi legge e vi segue. Se tre persone leggono il vostro post e vi contattano per esprimere la loro gratitudine perché li avete ispirati, be’, questo per me vale molto più di 5.000 visualizzazioni.

Inoltre hai dato molta enfasi alla scelta della foto professionale (quella di LinkedIn, ad esempio), mostrandoci ciò che NON si deve fare, dal ritaglio in cui sbucano parti del corpo altrui, ai paesaggi o all’uso eccessivo di filtri. Puoi regalarci qualche tip di stile su come dev’essere l’immagine professionale ideale?

Anche Lorenzo Paoli alla Giornata del Traduttore ha parlato dell’abominevole “foto della foto” della carta d’indentità sul profilo LinkedIn dicendo: “Se il cliente vede una foto del genere pensa: io a questo non posso dargli più di 1 € al giorno!“. Una foto profilo professionale ben fatta fa capire che diamo importanza a ogni aspetto di noi stessi e del nostro lavoro, che ci teniamo a fare una buona impressione con il nostro potenziale cliente e che curiamo tutti i dettagli. Se ci prendiamo cura di noi stessi, ci prendiamo cura anche del lavoro che facciamo.

maria-pia-1-euroQuando sono stata invitata a Localization World nel 2014 sono andata immediatamente dal fotografo per avere una foto decente da inviare. Sapevo che quella foto sarebbe apparsa sul loro sito, sulle brochure etc, e non volevo fare brutta figura con una foto di pessima qualità. E poi che male c’è ad andare dal fotografo per farsi la foto da mettere sui social per fini professionali? È anche divertente! C’è tutta la preparazione che si fa prima, la ricerca della posizione migliore, della luce migliore, del sorriso più bello. Se poi si è particolarmente bravi con i selfie, allora ben vengano. Anche io uso un selfie per LinkedIn, Twitter e Facebook.

Tip: fare un piccolo investimento di tempo e di denaro. Nulla di spaventoso, basta prendersi una mattinata per andare dal fotografo o semplicemente sfruttare una bella giornata di sole e un giorno in cui si é particolarmente di buonumore e raccogliere quell’energia in una foto! Iniziare a postare sui social meno professionali, come Facebook e Snapchat oppure condividerla con gli amici piu stretti su Whatsapp. Raccogliere i loro feedback, se necessario scattare altre foto nello stesso giorno o in altre occasioni, applicando i consigli ricevuti dai buoni amici di cui parlavo prima. Quando i commenti saranno tutti positivi e vi sentirete ben rapprensentati da quella foto, allora usatela per Linkedin, per il vostro sito/blog e per inviare le varie candidature o proporvi per collaborazioni. Non mirate alla perfezione, ma esprimete positività: meglio un sorriso e un brufolo che una foto iper-ritoccata che fa perdere i veri connotati del vostro viso. Come dice la collega e amica Valeria Aliperta: “Effortless, not flawless”.

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Dopo la laurea in lingue e letterature straniere, Maria Pia Montoro ha frequentato un master in traduzione e interpretariato, specializzandosi in traduzione giornalistica. Grazie alla sua ricerca sulla terminologia relativa alle relazioni internazionali e alla finanza ha lavorato come addetta alla rassegna stampa al Ministero dell’Economia e in seguito come web content editor alla Corte dei Conti e alla Ragioneria Generale dello Stato. Nel 2011, dopo un tirocinio alla Terminology Coordination Unit del Parlamento Europeo, è diventata Web content Manager alla Intrasoft International e dal 2015 è Terminologist and Web Content Manager presso il Parlamento Europeo in Lussemburgo. 

La foto di copertina è di Angela Stelli.

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