I no che aiutano a crescere è un saggio bestseller della psicoterapeuta infantile americana Asha Phillips, pubblicato in Italia nel 1999 da Feltrinelli e ancora molto letto dai genitori alle prime armi (e non) alla ricerca di una guida per districarsi tra capricci e bisogni. Come suggerisce il titolo, il libro sostiene che i limiti aiutino i bambini a dare confini al proprio mondo e, lungi dal tarpare loro le ali, li spingano a comprendere meglio le proprie potenzialità e ad avere fiducia in se stessi. E forse una delle ragioni del suo successo è che questo saggio, come molti ottimi testi sull’età evolutiva, ci offre una chiave di lettura per noi stessi, le nostre esperienze passate e i cosiddetti “fantasmi della cameretta”, consci o inconsci, che emergono quando ci troviamo a riflettere su quel calderone magico della personalità adulta che è l’infanzia.
Ma cos’ha a che vedere tutto questo con i traduttori freelance? La risposta è che, come per tantissimi aspetti della vita, le grandi lezioni sono quelle che impariamo fin da piccoli, e il concetto che i “no” aiutino a crescere è una di esse. Prendiamo due citazioni dal libro: come non riconoscersi?
È normale che nelle famiglie (nel lavoro) ci siano periodi di accordo e di disaccordo (di alti e bassi), periodi in cui si è in armonia e periodi in cui non si è affatto sincronizzati. Ma è così, a singhiozzi, che procede la crescita.
Oppure
Per imparare dobbiamo essere innanzitutto nella condizione di non sapere qualcosa. Se si pensa di conoscere già tutto, non si può ascoltare niente di nuovo. Per diventare più forti bisogna riconoscere di non poter fare tutto immediatamente.
Insomma, la resilienza e l’umiltà, due doti fondamentali per genitori, figli… e traduttori.
Così, ispirata da questo saggio letto ormai un po’ di anni fa, ho stilato una lista di 7 “no” che tutti i traduttori si sono trovati o si trovano quotidianamente ad affrontare nella loro vita lavorativa e che nel tempo ci aiutano a crescere, a capire i nostri limiti ma anche le nostre potenzialità, e che invece di abbatterci possono essere uno sprone a trovare dentro di noi la forza per migliorarci continuamente.
1. No a un CV
È il primo “no” che tutti i traduttori si sentono dire: quando iniziamo la nostra carriera e proviamo a creare contatti proponendoci spontaneamente a potenziali datori di lavoro, spesso le risposte che otteniamo sono silenzi assordanti o secchi “no”: perché non c’è bisogno di noi, perché non abbiamo esperienza, perché non siamo specializzati e così via. Come reagire a questi rifiuti che ci fanno sentire inadeguati? Una strategia è fare tesoro dei feedback che riceviamo, per capire cosa dobbiamo migliorare: il nostro modo di presentarci? La selezione stessa dei potenziali clienti a cui rivolgerci? La nostra preparazione? Tra i “no” spesso si nascondono preziosi suggerimenti impliciti che sta a noi cogliere.
2. No a una prova
Questo “no” è senz’altro più bruciante: abbiamo dedicato molto tempo e impegno a una prova di traduzione, ce l’abbiamo messa tutta, siamo convinti di aver lavorato benissimo e poi… arriva il rifiuto, e con esso la terribile sensazione di aver perso un’occasione, che chissà se e quando si ripresenterà. Anche in questo caso meglio non disperare e provare a trarre un insegnamento dall’insuccesso, magari chiedendo di poter vedere la prova vincitrice per capire perché è stata scelta rispetto alla nostra e come possiamo migliorarci. (Leggi anche Cosa insegnano le prove di traduzione)
3. No a una proposta di traduzione
Quanti di noi hanno lavorato duramente e con grande entusiasmo per presentare a potenziali clienti una proposta di traduzione, convinti di essere sulla strada giusta per diventare la nuova Fernanda Pivano o Carmen Balcells? Quando una serie di “no” investe un nostro progetto in cui credevamo tanto può essere davvero frustrante e la sensazione di aver sbagliato tutto o di essere vittime della sfortuna può schiacciarci. Ma anche in questo caso toccare il limite può aiutarci a capire come orientarci nel nostro lavoro: informarci meglio su quali progetti di traduzione abbiano più speranze di prosperare… o direttamente cambiare approccio per cercare lavoro, se questa modalità non fa per noi.
4. No alla certezza del lavoro
Chi decide di diventare freelance si scontra fin da subito, e consapevolmente, con questo “no”, ma ciò non significa che a volte non sia davvero dura accettarlo. A tutti capitano momenti in cui il lavoro scarseggia e, soprattutto quando non si è più alle prime armi, la prospettiva di rimanere fermi per un po’, perdendo occasioni e progetti, può fare molta paura. In questo caso la soluzione migliore è attuare le stesse strategie a cui ricorrevamo da piccoli nei momenti di noia: scatenare l’immaginazione per uscirne o, semplicemente, starcene tranquilli ad aspettare che passi. (Leggi anche Quando il traduttore è in pausa: 7 idee per approfittarne)
5. No alla sicurezza economica
Un altro “no” che tutti i freelance devono mettere in conto: se il lavoro non è sempre garantito, non lo è nemmeno la sicurezza economica che ne deriva, e prima o poi arriva il momento in cui ci chiediamo se ne valga davvero la pena, mettendo alla prova la nostra passione. Questo frangente può essere davvero determinante per un freelance, soprattutto all’inizio, perché se non siamo in grado di accettare gli alti e bassi e ci lasciamo prendere dall’ansia, significa che questa modalità di lavoro non fa per noi e forse è meglio cercare un’occupazione che ci dia più stabilità e meno grattacapi.
6. No alla separazione del tempo
Un freelance sa che non ha orari d’ufficio e, per quanto provi a darseli, è inevitabile che il lavoro trabocchi nella vita privata o nel tempo di riposo e viceversa, con una fluidità a volte disorientante. Eppure questo limite è la vera spinta che ci fa andare avanti, perché implica ciò che più amiamo: la libertà di autogestirci, nel bene e nel male, e di dover rispondere solo a noi stessi delle nostre scelte. È il miglior esempio di “no” che aiuta a crescere, perché ci mette di fronte a una responsabilità che è solo nostra e non possiamo delegare a nessun altro. Insomma: come nella crescita, arriva un momento in cui l’indipendenza fa un po’ paura, ma ci fa anche stare molto, molto bene.
7. No al riconoscimento
Quante volte ci è capitato di sentirci dire, o di percepire tra le righe, che non facciamo un lavoro vero perché lo svolgiamo a casa nostra e in ciabatte? O di non vedere citato il nostro nome da nessuna parte, una volta pubblicato il nostro lavoro, come se tutto quello che abbiamo fatto non avesse alcun merito? Spesso questa mancanza di riconoscimento è una delle maggiori frustrazioni dei traduttori freelance, invisibili per definizione. In realtà il problema è la mentalità che circonda il nostro mondo, ma che per fortuna sta cambiando: stanchi di sentirsi dire “no”, i traduttori hanno ottenuto che alcune case editrici pubblichino il loro nome sulla copertina dei libri, e si spera che questa pratica si estenda anche ad altri settori delle traduzioni. Insomma, un ottimo esempio di “no” che crea consapevolezza e aiuta tutto il settore a crescere. (Leggi anche: L’Italia è pronta per i freelance?)
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Ho cominciato da poco a fare questo lavoro meraviglioso, ma in poco più di un anno ho già tradotto diversi libri, molti dei quali sono stati accettati con entusiasmo… Altri sono invece in attesa e incrocio le dita. In questi mesi ho vissuto un po’ tutto quello che avete riportato su questo interessantissimo articolo. Frustrazione, rabbia, stupore davanti a richieste assurde da parte di case editrici, delusione davanti ai silenzi… Vogliamo parlare delle ciabatte? (punto 7) Sì, perché c’è qualcuno che mi prende sul serio (a parte io stessa) tra quelli che conosco? Io non lavoro mica; sono a casa. Figuriamoci! Mi alzo soltanto alle quattro per guadagnare due ore di lavoro, non conosco sabati né domeniche e, tutto questo, senza sapere se ciò che faccio sarà mai preso in considerazione da qualcuno. Ma chi mi conosce e va in ufficio a orari fissi crede che io stia a guardare la TV tutto il giorno e mi tratta con condiscendenza quasi fossi un’extraterrestre. Cosa mi dà la forza di continuare? L’amore, la passione vera, il desiderio bruciante di scoprire e proporre testi emozionanti da condividere con qualcuno per trasmettere in qualche modo quei brividi che io stessa ricevo dai grandi autori del passato. Non so se alla lunga tutto questo potrà bastare, ma per il momento mi tengo stretta questo entusiasmo e confido che la perseveranza e lo spirito di iniziativa che, almeno in questo campo, mi caratterizzano, diano presto o tardi i loro frutti. Un sincero abbraccio a tutti coloro che hanno scelto la mia stessa strada, spinti da un vero amore per la letteratura.
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Grazie Lily per il tuo commento appassionato, che condivido in pieno! Avanti tutta e in bocca al lupo 🙂
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L’ha ribloggato su La bottega dei traduttorie ha commentato:
Interessante e utile per ogni traduttore.
Grazie, come sempre, a Eleonora per questo bellissimo post.
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