Silvia Bernardini, teoria e pratica della traduzione

La documentazione e la ricerca terminologica, soprattutto se specialistica, sono tra le attività che impegnano di più i traduttori, a livello sia di tempo che di impiego di energie. Tra le molte risorse a disposizione per superare l’ostacolo si contano anche i corpora, raccolte di testi in formato digitale molto usati per la stesura di dizionari e libri ma ancora in gran parte ignoti ai traduttori. Silvia Bernardini, docente di lingua e traduzione inglese alla Scuola di Lingue e Letterature, Traduzione e Interpretazione dell’Università di Bologna a Forlì, ne ha parlato durante il suo intervento alla Giornata del Traduttore e oggi ne riparla con Linguaenauti, regalando anche preziosi consigli e spunti a tutti gli amanti delle Lingue alla ricerca della propria strada.

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Oggi insegni Traduzione alla prestigiosa Scuola di Forlì e segui importanti progetti di ricerca. Ci racconti com’è nato il tuo amore per le lingue e come sei diventata docente e ricercatrice?

Per rispondere alla prima parte della domanda devo tornare indietro di diversi decenni, alla prima media per la precisione: primo soggiorno studio all’estero a Aix-en-Provence. Poi l’inglese, i viaggi in Inghilterra al liceo, l’Interrail in giro per l’Europa e alla fine la scelta della facoltà universitaria. Nel 1992, quando mi sono iscritta all’università, c’erano solo due corsi di laurea in interpretazione e traduzione, quello di Bologna-Forlì e quello di Trieste. Al tempo non si sapeva molto di questi corsi (amici e parenti hanno continuato per anni a chiedermi se studiassi “Lingue”), ma a me piaceva l’approccio pragmatico e direi quasi severo che si intuiva dalle descrizioni: molto esercizio, molta pratica, frequenza obbligatoria, didattica in piccoli gruppi e naturalmente una valanga di esami. L’amore per le lingue c’è da sempre ma credo che se non avessi trovato un corso di laurea come quello di Forlì forse avrei fatto altro, magari all’estero, chissà.

La decisione di proseguire gli studi dopo la laurea con un dottorato nel Regno Unito è maturata durante la stesura della tesi, relativa all’apprendimento delle lingue straniere con l’ausilio di corpora. Al tempo non ero del tutto consapevole di dove questa decisione mi avrebbe portato: trovavo sorprendente anche solo che qualcuno fosse interessato alle mie idee, al contributo che potevo dare al dibattito che gli studiosi “veri” stavano portando avanti in quel periodo su corpora e didattica delle lingue. Poi come spesso accade si entra in un sistema e si seguono le sue regole (when in Rome…): pubblicazioni, conferenze, corsi… Oggi mi sembra che non avrei potuto fare altro che questo: credo di essere stata molto fortunata.

Nel tuo intervento alla Giornata del Traduttore hai parlato dei corpora, raccolte di testi consultabili attraverso software appositi, preziosissimi ma ancora poco diffusi nel mondo della traduzione. Puoi spiegarci in che modo questi strumenti sono utili ai traduttori e consigliarcene qualcuno per cominciare a scoprirli?

Come dici giustamente i corpora non sono altro che raccolte di testi, ma tramite i software per la loro consultazione (ce ne sono diversi, gratuiti e facili da usare) permettono ad un traduttore di reperire in modo rapido ed efficiente informazioni d’uso su parole, espressioni idiomatiche e così via. Rispetto ad un dizionario offrono moltissimi contesti d’uso autentici; rispetto ad una memoria di traduzione sono di solito molto più grandi e contengono testi originali (non tradotti). E anche rispetto alla ricerca in rete un corpus offre molti vantaggi, primo fra tutti la maggiore affidabilità. Le fonti vengono preselezionate e rimangono stabili: posso sempre tornare a controllare un riferimento, senza temere che nel frattempo sia stato rimosso. Per cominciare a capire cosa un corpus può fare per te io consiglierei di provare una delle tante piattaforme online (ad esempio quella del nostro Dipartimento, oppure quella del progetto Kontext dell’Università Carolina di Praga), e/o di scaricare il software AntConc e provare a fare qualche ricerca sui vostri testi di riferimento (non dimenticate di salvarli prima in formato “.txt”!).

Nel tuo intervento hai anche parlato della distanza tra università e mondo del lavoro che spesso si riscontra negli atenei italiani. Secondo te, per quanto riguarda i dipartimenti di lingue e traduzione, questa tendenza prosegue o sta cambiando? Cosa dovrebbe offrire oggi l’università ai nuovi iscritti, dal tuo punto di vista?

L’aneddoto di cui parlavo alla Giornata del Traduttore riguardava un corso di “inglese per il turismo”, all’interno di un corso di laurea in mediazione linguistica, il cui programma si incentrava sulla letteratura di viaggio dell’800. Lungi da me sostenere che la letteratura di viaggio non sia rilevante per la formazione alla comunicazione per il turismo (sono una strenua sostenitrice della necessità di mantenere una forte componente accademica anche nei corsi universitari a vocazione professionalizzante) ma non posso non rilevare come talvolta si assista ad un tentativo da parte di noi docenti universitari di piegare i contenuti dei corsi ai nostri interessi scientifici. L’attuale facilità di reperimento delle informazioni grazie ai social network e ai siti internet permette agli studenti di fare scelte più attente e informate di quanto non fosse possibile anche solo pochi anni fa e costringe noi ad essere più “onesti” nel redigere e poi descrivere la nostra offerta formativa. Non conosco bene la realtà dei corsi di laurea dell’area delle Lingue straniere, ma per quanto riguarda quelli della traduzione credo ci sia attualmente un forte impegno ad allineare studio e mondo del lavoro, impegno sostenuto anche dall’Unione Europea attraverso la rete dello European Master’s in Translation (EMT). Tutto questo è molto positivo: dal mio punto di vista un corso di laurea magistrale in traduzione non può non offrire moltissima esperienza pratica (di analisi, traduzione, revisione, valutazione) con gli strumenti adeguati e nei principali settori in cui si articola la professione. Allo stesso tempo mi preme però sottolineare come qualsiasi corso di laurea debba necessariamente mantenere aperto uno spazio di riflessione e approfondimento che vada oltre la simulazione della pratica professionale: altrimenti perché un giovane aspirante traduttore dovrebbe scegliere un percorso universitario invece di un semplice praticantato?

Come docente, che consigli puoi dare agli studenti di lingua e aspiranti traduttori che, durante o dopo gli studi, vogliono migliorarsi e ridurre il più possibile la distanza tra la teoria e la pratica?

Credo sia molto importante che ogni individuo trovi la propria strada. Questo vale per chiunque in qualsiasi situazione, ma è tanto più vero per una professione con molta concorrenza, soprattutto in entrata, per i più giovani. È possibile laurearsi facendo il minimo indispensabile, cogliendo le occasioni offerte a tutti, i contenuti didattici standard. Ma gli anni degli studi offrono infinite possibilità in più: seminari, conferenze, tirocini, tesi di laurea sperimentali e innovative; spettacoli teatrali, incontri con gli autori, concorsi di idee; fino ad arrivare al tempo libero, da mettere a frutto magari facendo volontariato per una ONG che ha bisogno di traduzioni o per imparare i rudimenti di un’altra lingua offrendo conversazioni “in tandem” con studenti in scambio. Il mio consiglio è di cogliere tutti gli spunti, parlare molto con i propri docenti e proporre loro idee di ricerca, senza pensare sempre e solo al ritorno immediato (laurearsi il prima possibile e con il massimo dei voti); insomma usare il tempo prezioso degli studi per distinguerci dalla concorrenza grazie ad un portfolio di competenze e capacità che è solo nostro, che ci rende unici.

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Silvia Bernardini è docente di lingua e traduzione inglese presso la Scuola di Lingue e Letterature, Traduzione e Interpretazione di Forlì, afferente al Dipartimento di Interpretazione e Traduzione dell’Università di Bologna ed è membro del collegio di Dottorato in Traduzione, Interpretazione e Interculturalità. I suoi progetti di ricerca riguardano lo studio dei corpora nella traduzione tra italiano e inglese e la costruzione e l’uso di corpora da Internet ai fini didattici, professionali e di ricerca.

La fotografia è di Angela Stelli.

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