A quattordici anni ha scelto di studiare le lingue e oggi sono il suo pane quotidiano. Manuela Salvaggio è redattrice e autrice di testi scolastici, traduttrice dallo spagnolo e dal giapponese, insegnante… in breve, l’esempio perfetto della versatilità di un linguista. La sua carriera è cominciata con un Master in editoria e gestione del prodotto editoriale presso l’Università Cattolica di Milano, che le ha aperto le porte di uno stage presso una casa editrice di scolastica; poi la scelta di diventare freelance e la collaborazione con importanti realtà italiane e straniere, tra cui Principato, De Agostini, Loescher, Bignami e Difusión. Oggi Manuela racconta a Linguaenauti com’è nata una passione che l’ha portata lontano.
La tua lingua di lavoro principale è lo spagnolo, ma quella del cuore è il giapponese: perché hai scelto un campo di studi così complesso? Cosa ti ha attratta e che soddisfazioni ti ha dato studiarlo?
La verità è che all’epoca cercavo una via di fuga dalla mia città, Palermo, e lì non si studiava il giapponese. Allo stesso tempo desideravo studiare Lingue straniere e mi attirava parecchio l’idea di farlo in un’università prestigiosa come l’Orientale di Napoli. E non mi sbagliavo: gli anni dell’università sono stati fra i più belli della mia vita e al giapponese mi sono appassionata sul serio. È diventata una sfida con me stessa, così com’è stata una sfida trascorrere sei mesi a Tokyo: un’esperienza stupenda, unica, irripetibile. Non si è trattato solo di un’immersione linguistica, ma di un’immersione in una cultura, uno stile di vita e una mentalità. Vivevo in una casa giapponese, dormivo in un letto giapponese (futon), avevo amici giapponesi… è stato emozionante, istruttivo, sorprendente.
Com’è nata invece la passione per lo spagnolo?
A 14 anni sono capitata in una sezione sperimentale del liceo classico a opzione spagnolo Giovanni Meli di Palermo, una delle otto scuole che attualmente in Italia rilasciano il Diploma spagnolo (Bachillerato). Per cui avevo tante ore di spagnolo la settimana, studiavo storia, geografia, storia dell’arte in spagnolo… oltre che la lingua naturalmente. È successo per caso e ha segnato la mia vita, perché l’amore per lo spagnolo è stato immediato. Alla fine del quinquennio non avevo dubbi sul fatto che avrei continuato a studiarla anche all’università.
Come hai cominciato a mettere a frutto la tua conoscenza delle lingue nel lavoro?
All’inizio dando lezioni private a Palermo: insegnavo giapponese per guadagnare qualcosa in vista del viaggio in Giappone. Poi ho insegnato italiano e spagnolo a Tokyo. Tornata dal Giappone mi sono trasferita a Milano, dove ho iniziato a insegnare spagnolo in una scuola media. Lì ho frequentato il Master in Editoria, che mi ha permesso di diventare redattrice e autrice di testi per l’apprendimento dello spagnolo.
Quali abilità ti richiedono le diverse attività che svolgi? E oggi ti senti più una redattrice, un’autrice o una traduttrice?
Bisogna essere preparati, precisi, prestare attenzione alla lingua ma anche al contenuto e non dare nulla per scontato: la lingua è un sistema dinamico e in continua evoluzione ed è fondamentale tenersi aggiornati. Tra le mie attività, mi sento meno una traduttrice perché non ho una reale formazione in traduzione e sono cresciuta negli ultimi anni grazie all’esperienza sul campo. Mi sento decisamente una redattrice perché è quello per cui ho studiato e che mi ha aperto le porte per fare l’autrice. Il mio grande amore infatti è la scrittura: mi sento principalmente un’autrice, anche se è l’attività che svolgo da meno tempo rispetto alla redazione e alla traduzione. Ed essere una redattrice mi dà gli strumenti per essere un’autrice più completa e preparata a risolvere i problemi. Infine c’è l’insegnamento: è il campo in cui ho meno esperienza ma mi piace moltissimo, mi emoziona, mi riempie e mi stimola tutti i giorni.
Quali sono gli aspetti che trovi più soddisfacenti del tuo lavoro di redattrice e autrice? E quelli più complicati?
Gli aspetti che preferisco del mio lavoro sono la collaborazione di gruppo e la creatività che richiede. I più complicati? Forse proprio il fatto che si tratti di un lavoro di gruppo… se c’è intesa con i vari collaboratori tutto è perfetto, funziona bene e dà un’enorme soddisfazione; al contrario, se questa intesa manca anche il tuo lavoro può rischiare di essere vanificato e il prodotto finale può venire penalizzato.
Sei una freelance, quindi lavori spesso sola a tu per tu col testo. Che occasioni hai di conoscere persone e straniere e di interagire con loro nel tuo lavoro?
Tanti contatti virtuali (e-mail, chat, telefono), ma pur sempre contatti; anzi, ho la possibilità di conoscere molte più persone rispetto a chi svolge tutti i giorni lo stesso lavoro nella stessa azienda. In quanto freelance ho lavorato con case editrici italiane e straniere, piccole, medie, grandi, ricoprendo una varietà di ruoli che un lavoro fisso non mi avrebbe mai permesso. Questo mi ha consentito di allargare di parecchio la mia cerchia di contatti e ne sono nate anche delle amicizie: niente unisce di più della condivisione della propria passione, soprattutto quando coincide totalmente con il tuo lavoro. Nonostante questi aspetti molto positivi, con il lavoro di freelance ogni tanto ci si può sentire un po’ soli, ed è proprio per questo che sono tornata a insegnare nelle scuole.
Spesso le situazioni multilingue sono ricche di sorprese. Puoi raccontarci qualche episodio particolarmente divertente o interessante della tua esperienza?
In classe mi piace stupire i miei studenti con il giapponese. Oggi nella scuola italiana ci sono tanti stranieri, fra cui diversi studenti cinesi. Quest’anno in prima ho due alunne cinesi che giorni fa non si ricordavano come si scrivono alcuni numeri nella loro lingua, per cui le ho sorprese scrivendoli io stessa alla lavagna. Erano incredule: credevano che io sapessi il cinese! In realtà so il giapponese, ma gli ideogrammi sono in buona parte comuni per cui riesco un po’ a destreggiarmi con il cinese scritto. Capirsi con le persone nella loro lingua è davvero emozionante e anche una piccola situazione come questa mi avvicina agli altri e mi ricorda perché amo le lingue.
È evidente che sei molto soddisfatta della scelta di avere studiato lingue straniere. Cosa consiglieresti ai ragazzi che vogliono iscriversi a questa facoltà?
Il mio consiglio è di approfittare degli anni universitari e di studiare tanto, perché dopo si hanno meno occasioni per farlo ed è importante partire con una formazione solida. Allo stesso tempo consiglierei loro di cercare di capire in che campo intendono applicare le proprie competenze linguistiche: le lingue da sole non bastano a fare di noi dei professionisti e dobbiamo affiancarle necessariamente ad altre competenze, come la traduzione, l’interpretariato, l’editoria, la didattica e così via.
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