Le novità del CCNL dialoghisti spiegate da Susanna Piferi

Buone notizie per i traduttori e adattatori audiovisivi, e in particolare per chi si occupa del cosiddetto simil sinc: dal 20 marzo non solo questa tipologia di dialogo è stata rinominata “adattamento in sincronismo ritmico non labiale”, ma è anche stata finalmente normata nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Per saperne di più Linguaenauti ha intervistato Susanna Piferi, storica dialoghista, consigliera dell’AIDAC e da anni in prima fila per il riconoscimento dei diritti di tutti i lavoratori del settore doppiaggio.

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Molti dialoghisti, adattatori e traduttori alle prime armi non sanno che esiste un contratto collettivo di lavoro del settore doppiaggio. Puoi spiegarci di cosa si tratta? 

Molti anni fa, dopo lunghe e difficili battaglie e dopo storici scioperi generali, abbiamo ottenuto un Contratto Nazionale di Lavoro grazie al quale la nostra professione è finalmente stata normata. Poi con il passare degli anni, purtroppo, il rispetto del contratto in molti casi si è andato perdendo, in parte perché la committenza sosteneva e sostiene tuttora che ci sia una grossa crisi di mercato, in parte perché la categoria e le società di doppiaggio sono troppo spesso scese a compromessi pur di ottenere il lavoro. Inoltre l’avvento dei reality in sincronismo ritmico non labiale ha immesso sul mercato una incredibile quantità di adattatori usciti da master universitari e corsi privati che non erano informati del fatto che esistesse un contratto di lavoro e che quindi non hanno rivendicato i propri diritti.

All’Assemblea nazionale generale del doppiaggio del 20 marzo è stato firmato un importante accordo ponte che definisce il simil sinc (ora denominato “adattamento in sincronismo ritmico non labiale”) come un adattamento a tutti gli effetti , e quindi soggetto ai vincoli del CCNL. Perché questo accordo può considerarsi epocale nel panorama italiano?

È una svolta epocale nel senso che siamo riusciti a far inserire nell’Accordo Ponte la seguente frase: “qualsiasi tipo di testo destinato alle lavorazioni di doppiaggio deve essere, sempre e comunque, considerato un adattamento”, escludendo in questo modo la possibilità di andare in sala direttamente con delle traduzioni. Forse può sembrare ovvio, in realtà è importantissimo che sia passato questo concetto. Infatti fino ad oggi il cosiddetto simil sinc non era normato all’interno del Contratto e quindi alle persone incaricate di svolgere questo lavoro, che è molto difficile e faticoso, veniva chiesto di emettere delle fatture con la dicitura “traduzione”. Purtroppo le fatture per traduzione non sono soggette a contribuzione e non possono essere depositate in Siae. Inoltre, nella maggior parte dei casi, l’entità del compenso era frutto di una trattativa personale, cosa che ha portato nel tempo a uno scandaloso gioco al ribasso nella illusoria speranza di acquisire più lavoro possibile, arrivando a compensi da fame e a un abbassamento spaventoso della qualità. Tutto questo fino ad oggi. La nostra speranza è che grazie a questo accordo ponte finalmente le cose cambino. Anche dal punto di vista fiscale, fare parcelle con la dizione “adattamento” porta ad un abbattimento dell’imponibile del 25%, cioè le tasse in realtà si pagano sul 75% del lordo. Dal punto di vista contributivo, invece, a carico del lavoratore c’è solo il 9,9% mentre il restante 22% è a carico dell’impresa.

Ora che l’accordo ponte è stato firmato e comunicato alle società, cosa possono fare le associazioni di categoria e i lavoratori stessi per esigere che venga rispettato?

Quello che è stato ratificato durante l’Assemblea Generale del 20 marzo si chiama Accordo Ponte proprio per consentire all’Inps di sperimentare un nuovo metodo di controllo. Infatti durante il 2017 verranno fatti, in via sperimentale, controlli sulla contribuzione. Questo dovrebbe portare all’impossibilità da parte delle società di doppiaggio di evadere i contributi e di conseguenza all’obbligo di rispettare le tariffe stabilite dal Contratto. Altro metodo per pretendere il rispetto del contratto sono le denunce ai sindacati, i quali si sono resi disponibili ad accogliere segnalazioni e ad intervenire laddove si siano verificate irregolarità. Inoltre le associazioni di categoria (AIDAC, ANAD, AIPAD) possono sostenere i proprio iscritti supportandoli con eventuali azioni legali e facendo, laddove possibile, pressioni alle società stesse. Inoltre, in accordo con i sindacati, sono previsti incontri direttamente con la committenza per garantire la corretta applicazione delle norme.

Sei una consigliera dell’AIDACl’Associazione Italiana Adattatori e Dialoghisti Cinetelevisivi. Ci spieghi quali sono le attività di questa associazione e perché è importante “fare gruppo” nel settore dell’adattamento cinetelevisivo?

L’AIDAC è una associazione di categoria nata nel 1976, quando ancora la professione di dialoghista era di nicchia e assai poco diffusa e conosciuta. Per anni ha lottato su tutti i fronti per ottenere il riconoscimento dei diritti d’autore, obiettivo raggiunto nel 1998. Da allora i dialoghisti sono iscritti alla SIAE e percepiscono il così detto “equo compenso”, cioè una percentuale sui diritti dello sceneggiatore originale. Inoltre l’AIDAC garantisce ai suoi associati l’assistenza legale, una assicurazione sanitaria, e l’assistenza in tutti i rapporti con la SIAE. L’importanza di “fare gruppo” nasce dal fatto che i dialoghisti sono tutti liberi professionisti, che raramente hanno contatti fra loro, e quindi sono facilmente condizionabili dai datori di lavoro. Ovviamente “stare insieme” è fondamentale sia per lo scambio di informazioni, sia per la forza che ha un gruppo rispetto al singolo.

Hai una grande esperienza nel settore dell’adattamento. Cosa ti fa amare il tuo lavoro? E cosa consiglieresti a un giovane che si affaccia a questo mondo?

Faccio il lavoro dell’adattatrice da più di trent’anni. Sono una “figlia d’arte”: infatti mio padre, Alberto Piferi, è stato uno dei pionieri di questo lavoro. Ho imparato tutto da lui e sicuramente la scuola è stata la migliore. Prima di buttarmi a capofitto nell’adattamento però, ho fatto per quindici anni l’assistente al doppiaggio, cosa che mi è stata molto utile per la conoscenza precisa del sincrono. È un lavoro che amo moltissimo e che dopo tanti anni faccio ancora con grande divertimento e soddisfazione.Quello che posso consigliare a un giovane che si affaccia a questo mondo è di cominciare col piede giusto. Purtroppo molti giovani non sanno in cosa consiste realmente questo lavoro e vengono catturati da costosissimi master o scuole private. Questo lavoro si impara solo con la pratica e, se se ne ha la possibilità, seguendo passo passo un dialoghista professionista che sia in grado di svelarne ogni piccolo segreto, dall’analisi del testo, al contesto storico, al tipo di linguaggio adatto al prodotto, al sincrono, al ritmo interno alla battuta. Un altro consiglio che darei è quello di non pensare mai che, essendo agli inizi della carriera, sia giusto e opportuno accettare paghe al di sotto delle tariffe stabilite dal contratto. Se sei in grado di fare questo lavoro, allora devi essere pagato per il lavoro che fai. Se non ti senti ancora in grado di farlo, continua a imparare, a fare pratica e a conquistare la sicurezza che ti consentirà di rivendicare i tuoi diritti.

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Susanna Piferi si occupa di doppiaggio dal 1972, prima come assistente e poi come dialoghista. Tra i suoi adattamenti ricordiamo: American Ultra, Equals, Mad Man, Homeland, Orange is the new black, The Strain, Modern Family. Dal 2010 è consigliera dell’AIDAC, l’Associazione Italiana Dialoghisti Adattatori Cinetelevisivi, che dal 1976 lotta per i diritti degli autori dei dialoghi italiani dei prodotti audiovisivi.

 

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