Il 20 novembre si celebra la Giornata internazionale dei diritti dei bambini e degli adolescenti, nella data che ricorda il giorno del 1989 in cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Questo prezioso documento è il trattato sui diritti umani più ratificato della storia e, come spesso accade con ciò che riguarda i bambini, contiene principi tanto semplici quanto fondamentali per la vita di tutti… ma che spesso gli adulti dimenticano. Vi invito di cuore a leggerli qui perché fanno molto, molto riflettere.
Linguaenauti ha deciso di celebrare a modo suo questa importante ricorrenza, a partire da una particolarità che riguarda tutte le lingue del mondo: i vocaboli usati per indicare i bambini infatti sono tra quelli che variano di più da lingua a lingua e all’interno della stessa lingua, e che si evolvono maggiormente nel corso del tempo. Il motivo è semplice da intuire: le parole dell’affetto, delle coccole, della familiarità, sono più soggette a essere modificate e a sorgere inaspettate; è quello che oggi chiamiamo baby talk ma che l’uomo applica dall’inizio dei tempi (al contrario di quanto accade con i vocaboli per indicare i numeri, che servono per il “freddo calcolo” e perciò tendono a rimanere il più possibile immutati nel tempo e nello spazio).
Poiché indicare qui tutte le parole del mondo che significano “bambino” sarebbe un’impresa incredibilmente ardua, mi limiterò all’ambito dei dialetti italiani, che rappresentano un’impresa… soltanto ardua. E chiedo a tutti voi linguaenauti di collaborare a questo articolo nei commenti, per creare un nostro dizionario che sì, contiene un vocabolo solo, ma è pieno zeppo di affetto! Ecco, da nord a sud, una carrellata di bambini italici:
VALLE D’AOSTA bardats, bouebet/bouebetta, mat, meinó/á, petot, fietta
PIEMONTE bagai, bocia, màt, matot/a, fiulin/a, tusin/a, gagno/a, masnà, cit, pinella, nan/a
LOMBARDIA maranèl, ninìi, nanàn, nani/a, pì, tripillin/a
LIGURIA figgeu, matettu/a
TRENTINO – ALTO ADIGE popo/a, putel/a, putelot/a
FRIULI VENEZIA GIULIA frut/e, frutin, pin, nini/a, bocia
VENETO toseto/a, tosatel/a, ceo/a, puteo/a, picinin/a
EMILIA ROMAGNA bagai, bordèl, burdel, cìnno/a, fiulein/a, pupon,ragasëi
TOSCANA bamboro/a, citto/a, cittino/a, nini/a
MARCHE bardascio/a, criatura, fiolo/a, frichì/frichina, ninin/a
LAZIO cocco/a, pupo/a, citurillu/a
UMBRIA pottu/a, pupittu/pupetta, frego/a
ABRUZZO bardasce, bazzariòtt, cètele, ffrechino/a, cittolo/a, guaione/a, putino/a,
MOLISE bambine, bammine, criatura
CAMPANIA nennillo/nennella, criaturo/a, bardascio/a, guagliuncello/a, piccerillo/a
BASILICATA guagn’niell/a, guagnunu/a
PUGLIA criatur’, frecarìedde/a, piccinnu/a, piccnen/a, mnin/a
CALABRIA ‘zitedu/a, cotrareju/a, criatura, figghiolu/a, guagnuno/a, picciuliddru/a
SICILIA bonino/a, bubbo/a, picciarello/a, puttigno/a, tattello/a, picciotto/a, picciriddu/a
SARDEGNA piseddu/a, pitzinnu/a, steddu/a, criadura, pippìu/a
Contribuisci anche tu ad ampliare questo piccolo dizionario!
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L’unico non citato credo sia gnaro o gnarel
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Nel Veneto mancano butìn/a e buteléto/a (Veronese)
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In Sicilia i bambini sono anche “nutricu/a” quando sono molti piccoli. Tuttavia, tale termine viene anche utilizzato per indicare gli adulti immaturi che ragionano ancora in maniera molto infantile.
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In Pugliese dalle mie parti si possono chiamare: m’ninn, p’ccinn, p’tiin, p’ticchj, p’tidd, p’t’tidd
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A Ferrara diciamo putìn e putina.
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Essendo cresciuta a Torino, con mamma di CN, mi vengono in mente :Masnà, gagno, cit, fieul m. / fija f. ( + grande). Per quanto riguarda altre zone del Piemonte, nn saprei. Torinesi e Cuneesi confermate o avete altri termini da aggiungere? Per bocia, si intende un apprendista, ragazzo che lavora malpagato, per imparare un mestiere, aiutante.
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Fanciot!
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A Bergamo si dice “scetì” per un maschio e “scetina” per una femmina, dove “sce” è pronunciato separatamente “s-ce”, come in “scervellare”. Quando crescono diventano “scèt”/”iscèt” e “scèta”, plurale “scècc”, che vuol dire anche “ragazzi”.
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A Modena: Putéin, oppure anche cin, quando sono un po’ piú grandicelli ragasol (sarebbe giá ragazzino, ovviamente).
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In Veneto oltre a puteo/a c’è anche la versione veronese buteo/a o butelo/a, plurale m. butei f. butele, anche con varianti es.
– A la sagra ghe xera tanti buteleti.
– Ghe xè nata na bela butelota (hanno avuto una bella bambina ‘cicciotella’)
Sono usati anche tra ragazzi e adulti, in vari modi es.
– O butei, xa femo doman?
– Che bela butela so morosa!
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Grazie! Con tanto di contesto 🙂
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Non è corretto, in veronese si dice butel/a e non buteo/a o butelo/a
Sono sbagliati anche gli esempi, hai fatto confusione con altre varianti venete.
Questi quelli corretti:
– A la sagra gh’era tanti buteleti e non ghe xera tanti buteleti.
– Gh’è nata na bela butelota e non Ghe xè nata
– O butei, sa femo doman e non O butei, xa femo doman
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In Bassa Romagna bambino si dice tabàc / tabach (non so esattamente come si scriva, cmq la consonante finale è /k/) e dalle parti di Imola invece è bastêrd – e anche burdel, già incluso nel tuo elenco, ha la stessa etimologia!
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I miei, zona Monferrato, dicevano ‘fanciòt’
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In realtà i termini indicati per la regione Friuli Venezia Giulia sono friulani, a Trieste e in Bisiacheria si usano termini di derivazione veneta: “picio” o “putel”
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Sì hai ragione, ho raggruppato per regione politica… altrimenti, vista la varietà italiana, l’elenco delle suddivisioni sarebbe stato interminabile! (P.S. Sono di Pordenone 😉 )
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Sicilia: ciccinu/ a- nicu/a ( nicuzzu-a)
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In Lombardia: Tusa/Tosa e Tusetta/Tosetta
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Nel Verbano (sponda piemontese del Lago Maggiore): tusin o fiulin
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In alcuni posti della Sicilia anche “carusu” per indicare un bimbo piccolo
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sì, anche se forse è più “carusiddu”, che è un vezzeggiativo ed è più adatto per riferirsi a un bimbo più piccolo. Nel catanese “carusu” mi fa pensare a un ragazzo/giovane, magari già dall’adolescenza…
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l’anonimo sono io 😀
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Ciao!! 🙂
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😀 Avevo scritto un altro commento più giù… “scugnizzu” – napoletano, ma abbastanza usato anche qui! Non commento mai ma quando posso ti seguo!!
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Siii ti avevo vista 😉 Grazie!
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Invece in provincia di Caltanissetta, da dove vengo io, “carusu” indica sì il ragazzino adolescente, ma anche (e soprattutto) il bambino. Direi che “carusu” da noi è anche più usato di “picciliddu”, che viene riferito principalmente a bambini molto piccoli.
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E’ questa la meraviglia delle lingue… a meno di due ore di distanza una stessa parola già ha due connotazioni leggermente diverse 😀
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Ciao! Nel mio paese, in provincia di Roma (ma abbastanza vicino anche a Rieti), si usano: figghiu/a, monellu/a, basdasciu/a. I plurali terminano in -i
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bellissimo questo post!
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Grazie mille, mi fa molto piacere 🙂
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In provincia di Chieti “cìtele” e “quatrale”. “Bardasce” e soprattutto “uaglione”, perlomeno qui da me, indicano ragazzi un po’ più grandi.
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Napoli (ma lo usiamo anche in Sicilia) scugnizzu
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Lombardia: bagai
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Lombardia, Brescia, ” popo” con le O chiuse, ( “pòpò” credo si scriva…).
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Veneto: bocia
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Grazie!
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In bergamasco il “bocia” è un apprendista 😀 Pensa un po’!
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