Chi ha paura dei blooper? Errori di traduzione al cinema

Sì, parliamo dei famigerati blooper, le incongruenze, imprecisioni e/o erroracci presenti nei film, che gli appassionati si impegnano a scovare con una meticolosità davvero encomiabile; e come non poteva essere altrimenti, ci concentriamo sugli errori di traduzione più celebri e improbabili del luccicante mondo del cinema.

Cominciamo con lo spauracchio di tutti i traduttori: i falsi amici, quelle parole che ci irretiscono con la loro somiglianza con l’italiano… e ci pugnalano alle spalle come il peggior nemico. Uno dei più noti, ormai definibile come un classico vintage , è stato molto produttivo nei doppiaggi italiani: è silicon, l’elemento chimico alla base di innumerevoli innovazioni tecnologiche, da tradursi con silicio. Ma l’Italia, si sa, è il paese della bellezza: ecco quindi che in film come 007 – Bersaglio mobile, compaiono le temibili bombe al silicone; per non parlare di Star Trek, in cui il famigerato polimero viene nominato decine di volte a episodio (anche come componente dell’amianto, sic!). Un altro errore molto diffuso riguarda sempre la chimica: mai sentito il termine nitrogeno? In Alien, solo per fare un esempio, è il componente principale dell’atmosfera del pianeta Dallas; peccato che in italiano il termine non esista, ma si usi azoto.

the-blues-brothers-picL’infido falso amico è sempre in agguato, anche dove meno te l’aspetti. Come non ricordare Il pianeta delle scimmie, in originale Planet of Apes, in cui prima della distruzione finale compare il messaggio disperato «Abbiamo sempre voluto bene alle API»? O in American Beauty, quando Lester fa palestra fumando erba e Carolyn lo accusa di assumere sostanze psicotrofiche (psychotropic), parola che in italiano andrebbe resa con psicotrope? Nel successo anni ‘90 Quattro matrimoni e un funerale, poi, Gareth spiega che «Matthew è stato catturato da un evangelista del Minnesota»… ma forse si riferiva a un più probabile evangelico. Per non parlare della commovente scena di The Blues Brothers nella quale Elwood rimpiange tempi in cui «mi cantavi i blues e suonavi l’arpa». Peccato che in inglese harp significhi armonica a bocca, strumento leggermente più adatto a un ruvido bluesman di Chicago della leggiadra arpa!

depp-e-l-indimenticabile-edward-mani-di-forbice_hg_full_lUn altro grande timore dei traduttori sono i cartelli: se c’è un errore buona parte degli spettatori se ne accorgerà facilmente e la magra figura è assicurata. Così, nello splendido Edward mani di forbice il protagonista ricorda il suo creatore che gli leggeva i libri e a un certo punto dice: «Ora passiamo alla prosa»… ma sul libro c’è scritto chiaramente poems. E in Love actually, quando il piccolo Sam inizia a suonare la batteria, scrive su una lavagnetta della sua camera Ringo rules, tradotto in Le regole di Ringo… In realtà rules in questo caso è un verbo che sottolinea la grandezza di un personaggio (Ringo Starr, il batterista dei Beatles), e andrebbe tradotta con un Ringo regna o al limite Ringo è grande. Altro che regole!

Il discorso cambia quando si passa agli strafalcioni veri e propri, che possono creare nello spettatore sentimenti di vario genere, dal semplice rifiuto alla risata sfacciata. In una scena di Batman Vicky lancia dell’acqua in faccia Joker, che comincia a gridare «Aiuto! Mi strucco!» e Vicky, preoccupata, cerca di aiutarlo… come farebbe con un’amica in difficoltà? No: è preoccupata perché in realtà Joker sta dicendo Help me! I’m melting! (Aiuto! Mi sto sciogliendo!).

millionaireAltre volte gli errori di traduzione possono scatenare veri e propri casi diplomatici. Il più celebre riguarda The Millionaire, il film che ha vinto ben otto Oscar nell’edizione 2009 del premio. L’errore si trova nella sequenza di un’aggressione di massa in cui gli integralisti indù uccidono la madre dei due protagonisti (musulmani). Durante la concitata scena una voce fuori campo grida: «Sono musulmani scappate!» Nella versione originale, però, la frase è They are muslims, get them!, ovvero Sono musulmani, prendeteli!, e la traduzione confonde aggrediti con aggressori… e di conseguenza spiazza gli spettatori, che rimangono perplessi davanti alla scena.

vivien-leigh-e-hattie-mcdaniel-in-una-scena-di-via-col-vento-216064_jpg_351x0_crop_q85Semplice sciatteria o pregiudizio? L’unica certezza è che il cinema non è nuovo a traduzioni o adattamenti poco fortunati che svelano o addirittura creano luoghi comuni: come non ricordare che in Lost in translation i giapponesi parlano “alla cinese”, cioè con le elle al posto delle erre (cosa assolutamente sbagliata, visto che i giapponesi non pronunciano la erre in quel modo)? Certo l’errore più clamoroso venne perpetrato in Via col vento, mitico colossal sbarcato in Italia nel 1950 che ha segnato generazioni di spettatori. Ricorderete la parlata di Mammy, la schiava di Rossella O’Hara, con le sue strutture sgrammaticate, i verbi all’infinito, l’assenza di articoli… Be’, questa versione tradisce barbaramente l’originale, in cui Mammy e gli altri schiavi parlano l’inglese caratteristico del loro gruppo sociale ed etnico, peculiare ma corretto. I traduttori e adattatori hanno frainteso per ignoranza la parlata degli schiavi, o l’hanno deliberatamente ridicolizzata sulla base di pregiudizi razzisti (che hanno influenzato enormemente le rappresentazioni successive degli afroamericani)? Forse non lo sapremo mai; fatto sta che Hattie McDaniel vinse addirittura un Oscar come miglior attrice non protagonista per la sua interpretazione di Mammy, a cui il doppiaggio italiano non ha reso certo giustizia.

Conoscete altri blooper curiosi? Segnalateli nei commenti!

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14 risposte a "Chi ha paura dei blooper? Errori di traduzione al cinema"

  1. Complimenti per questo piacevolissimo blog! Uno degli errori di traduzione, dovuto a crassa ignoranza, che più mi hanno dato fastidio in questo senso, è il titolo del bellissimo film “Waking Ned”, che significa più o meno “la veglia funebre per Ned”, tradotto risibilmente in italiano con “Svegliati Ned”, confondendo il significato di to wake “fare la veglia funebre” (dato che Ned è complemento oggetto nel titolo) con “to wake up” (svegliarsi). Il che oltretutto nega il contenuto del film. In Irlanda la wake è la veglia funebre ed ha una lunghissima tradizione sociale, storica e folklorica. Il Ned del titolo è morto e i suoi amici dovrebbero fare la veglia funebre, ma dato che ha vinto alla lotteria, cercano di far credere che sia ancora vivo per incassare la vincita.Ecco, lì chi ha tradotto ovviamente ignorava questa tradizione che è molto sentita in Irlanda.

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  2. Per me è stato molto interessante notare che “blooper” ha un senso diverso in un contesto anglosassone e in un contesto italiano. Io l’avevo sempre usato all’inglese, e infatti il titolo di questo articolo mi ha spiazzata, e quindi mi sono informata meglio. In breve: ho sempre pensato al “blooper” come a quell’errore dell’attore che veniva poi tagliato, esattamente al pari dei “bêtisier” francesi (es. con il mitico Friends: https://vimeo.com/118293477). I “cut” non riusciti, insomma, perché l’attore si è impicciato, si è messo a ridere, è caduto, ha fatto una battuta fuori dalla sceneggiatura… Il Merriam-Webster parla infatti di “blooper” come di “un errore imbarazzande di solito commesso davanti a un pubblico” (https://www.merriam-webster.com/dictionary/blooper).
    Noto invece per la prima volta che in un contesto italiano “blooper” significa quello che viene descritto bene nel sottotitolo di questo articolo, a cui invece in inglese ci si riferisce piuttosto con il termine di “goof” o più banalmente “mistake”. Anche oggi ho imparato qualcosa!

    Piccola epifania a parte, vorrei rendere merito a una traduzione italiana che invece ha fatto epoca: Frankenstein Junior, in alcune scene migliore dell’originale. Devo anche aver letto da qualche parte che la bella accoppiata traduzione/adattamento (e perché no, anche la bravura dei doppiatori) hanno fatto sì che l’Italia fosse l’unico paese europeo in cui questo film è diventato un must. Anche alcune canzoni Disney sono capolavori in italiano, molto più che in inglese, come la canzone di Mrs Bric della Bella e la Bestia.

    Quanto a errori di traduzione, a me irrita sempre molto l’ormai affermato “Andiamo!” per tradurre “Come on!” (che secondo me dovrebbe piuttosto essere tradotto con “Dai!”), oppure quando viene tradotto “puttana” e in inglese era evidentemente “bitch”, che è piuttosto “stronza” (ma dipende ovviamente dal contesto), o quando l’attore con il whiskey in mano offre “un drink” (anche se “qualcosa da bere” è un po’ lungo in effetti).

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    1. Ciao Laura, grazie per il commento! Vado subito a verificare “blooper” (io l’ho sempre inteso così). Per il resto sono d’accordo: Frankenstein Junior rimarrà nei secoli l’esempio di adattamento che supera l’originale, così come molte canzoni (penso anche a “All’alba sorgerò” di Frozen, banale in inglese e splendida in italiano… persino al centomillesimo ascolto coatto 😉 )

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  3. E che dire dei due falsi amici forse più famosi, tanto che uno oramai è entrato nella lingua d’uso: realizzare e mostarda? Realizzare in italiano ha un significato completamente diverso dal ‘realize’ anglosassone, benché oramai lo si impieghi con il significato di ‘rendersi conto di’. E la mostarda che i protagonisti di film, telefilm e cartoni animati spalmano abbondantemente sugli Hot dog è una salsa simile alla senape, non certo alla nostrana mostarda. Ma negli States si chiama mustard…

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  4. Ma poi, come si fa a far capire agli italiani che nel Via col vento si usavano diversi slang? Non si poteva mica usare i dialetti, per non offendere nessuno di essere gli schiavi dei “bianchi”.

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  5. Il problema con la traduzione dei film è legato molto alle esigenze di doppiaggio. Spesso una traduzione letterale deve essere adattata per accordarsi con il labiale (penso ad “harp” tradotto come arpa, uno tra tanti). Non è sempre “colpa” do noi traduttori, spesso e volentieri sono gli adattatori a doverci necessariamente mettere lo zampino per rispettare la sincronia labiale! 😅
    Per il resto, bell’articolo 😊

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  6. Non è vero che i giapponesi pronuncino “benissimo” la R. Hanno un solo fonema, che trascrivono R, simile sia alla nostra L sia alla R inglese, ma diverso dalla nostra R; e hanno difficoltà sia a pronunciare la R italiana, sia a distinguerla dalla L all’ascolto.

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