La deontologia del traduttore

Compito del traduttore e dell’interprete è assicurare la comunicazione scritta e orale tra parlanti di lingue diverse. La sua attività si svolge nell’interesse della pace, della sicurezza, della giustizia, della salute, del benessere e dello sviluppo economico, scientifico e culturale dei popoli.

Preambolo al codice di deontologia e di condotta, AITI (2013)

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Il traduttore non è certo un diplomatico o un medico, eppure il suo lavoro può avere risvolti ugualmente delicati: la sua missione infatti è far sì che persone di lingue e culture diverse si capiscano al meglio e una traduzione può segnare un destino. Va da sé, quindi, che il traduttore debba seguire una deontologia professionale che lo guidi il più possibile nel suo lavoro e lo tenga al riparo da errori, che nel più lieve dei casi possono far alzare qualche sopracciglio, e nel peggiore costare la reputazione o il posto di lavoro a qualcuno.

Escuela-de-traductores-de-ToledoQuali sono quindi le regole a cui deve attenersi un traduttore per mantenere un comportamento etico, intellettualmente corretto e non arrecare danno alla professione (e al prossimo in generale)? L’AITI, associazione Italiana Traduttori e Interpreti, ha elaborato un codice di deontologia e condotta molto completo che offre ottimi spunti di riflessione. Queste regole non solo danno dignità al nostro lavoro e aiutano a distinguere un professionista da un dilettante, ma forniscono anche preziose indicazioni per costruire una professionalità solida, instaurare rapporti positivi con committenti e colleghi… e capire da chi tenersi alla larga.

Il codice dell’AITI è ricchissimo e vi ho ritrovato, naturalmente in forma più chiara e universale, alcune regole di condotta personali che ho elaborato più o meno consciamente nel corso della mia esperienza di lavoro. In questo articolo vorrei condividere con voi alcuni aspetti che non solo ritengo importanti da un punto di vista deontologico, ma che ho scoperto essere i più apprezzati dai committenti – e in un settore in cui il passaparola e la “raccomandazione” (nel senso anglosassone del termine) contano parecchio, trovo sia fondamentale tenere in considerazione. Si tratta di sei punti che potrei riassumere con il motto di ogni artigiano che si rispetti: essere affidabili e consegnare un prodotto “a regola d’arte”.

  1. Non accettare incarichi impossibili. Il traduttore dovrebbe essere consapevole delle proprie capacità e competenze e non dovrebbe accettare incarichi che esulino dalle proprie possibilità. Questo non significa non uscire mai dalla nostra zona di comfort e non tentare strade nuove, ma semplicemente sapere quando possiamo consegnare una traduzione di qualità professionale e quando invece rischiamo di compromettere la nostra credibilità (e di cacciare nei guai il committente). Quindi le traduzioni verso una lingua diversa da quella materna o di un testo che richiede conoscenze molto specifiche andrebbero evitate, oppure perfezionate con l’aiuto di un revisore più competente di noi, naturalmente avvisando il committente.

  1. Rispettare tempi e richieste. Molto spesso la traduzione è solo il primo passo di una filiera ed è attesa con ansia da altri soggetti (editor, agenzie, adattatori, tecnici…) che dovranno intervenire a loro volta prima di consegnare il prodotto al cliente finale. Nella mia pratica ho notato che il rispetto dei tempi di consegna è uno degli aspetti più apprezzati e che contribuisce a instaurare un rapporto di fiducia tra traduttore e committente: sapere che qualunque cosa succeda riceveranno la traduzione tal giorno a tal’ora (o magari anche prima) è una sicurezza a cui difficilmente un cliente rinuncia. Il risvolto della medaglia? Se non abbiamo il tempo di fare una traduzione come si deve, non dovremmo accettarla. È vero che è sempre difficile rinunciare a un incarico, ma è molto peggio dover rinunciare a un cliente perché abbiamo consegnato una traduzione fatta di fretta.

  1. Essere accurati. Se nella vita reale la pignoleria non è sempre ben vista, nella traduzione assume il valore di “categoria morale”. Il traduttore arriva a conoscere meglio di chiunque altro il testo di partenza, quindi deve scovare tutto, dal più piccolo refuso alla minima incongruenza, e segnalarlo al committente (che ringrazierà). E il testo che consegna dev’essere a sua volta preciso fino all’estenuazione, tanto nei contenuti quanto nella forma. Inoltre il traduttore deve rispettare le consegne del testo, dalla formattazione alle indicazioni fornite dal cliente: più un traduttore è preciso in questi dettagli più diventa prezioso, perché facilita il lavoro di chi lo segue nella filiera.

  1. Dialogare con il cliente. Spesso i traduttori alle prime armi temono che segnalare al committente incertezze, dubbi o difficoltà sia un’ammissione di inadeguatezza. Ma partendo dal presupposto che il compito del traduttore è consegnare un ottimo prodotto finale, è eticamente corretto cercare di fugare qualsiasi dubbio – per non parlare del fatto che i clienti apprezzano i traduttori che si interrogano sul testo. Nella stessa logica non dobbiamo avere paura di riconoscere i nostri errori, soprattutto se siamo ancora in tempo per rimediare, né offenderci per eventuali critiche o osservazioni: noi traduttori tendiamo a essere un po’ permalosi, è vero, ma da ogni esperienza si impara e un cliente più pignolo di noi, per quanto possa indispettirci sulle prime, non fa che alzare l’asticella della qualità del nostro lavoro.

  1. Stabilire tariffe adeguate. Accettare incarichi a tariffe troppo basse non solo toglie dignità al nostro lavoro, ma danneggia l’intera categoria. È vero che il settore non è regolamentato e credo che, soprattutto per i traduttori che cercano di inserirsi, sia difficile rinunciare a un incarico anche se mal pagato. Ma se per i traduttori alle prime armi questa gavetta è quasi un passaggio obbligato (una sorta di praticantato, per così dire), i traduttori di più lungo corso dovrebbero fare fronte comune per impedire che le tariffe scendano sotto un certo standard. Il rischio di perdere l’incarico c’è… ma vale la pena puntare su un cliente che non è disposto a pagare la qualità e l’esperienza?

  1. Fare network. Quante volte ci è capitata una richiesta impossibile, come tradurre un testo in una lingua che non è la nostra, o da una lingua che non conosciamo, in un campo di specializzazione che non dominiamo o magari in un momento in cui non abbiamo tempo? Certo, dispiace deludere il cliente, soprattutto quando c’è un rapporto di fiducia e lui accompagna la richiesta con un “dimmi di sì, non so come fare!”. La soluzione è semplice e molto etica: fare network. È vero che spesso ci siamo guadagnati faticosamente i nostri clienti, ma passare il contatto di un collega più competente o semplicemente più libero in quel momento è un gesto corretto che ci rende preziosi agli occhi del committente (gli abbiamo risolto un problema) e crea legami con i colleghi che, si spera, ricambieranno in futuro.

E per te, quali sono le norme deontologiche più preziose e produttive? Segnalacele nei commenti!

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5 risposte a "La deontologia del traduttore"

  1. Bell’articolo, non c’è molto da aggiungere, mi pare che hai riassunto perfettamente le cose essenziali. Ultimamente poi sto sperimentando anche altre posizioni nella filiera, dato che mi stanno capitando diversi lavori come revisore. Allora sì che si può apprezzare l’accuratezza del traduttore o maledire la sua trascuratezza, a partire da una semplice rilettura prima della consegna.

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    1. Ciao Darío, grazie mille per il tuo commento. Hai proprio ragione, provare altre posizioni fa aprire gli occhi sul punto di vista di chi viene dopo noi traduttori. Purtroppo nella filiera tendiamo a lavorare per compartimenti stagni e a comunicare poco 😉

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