Cosa insegnano le prove di traduzione

Sono l’equivalente dei provini per gli attori: generano speranze, delusioni ma anche momenti di vera euforia… sì, sto parlando delle prove di traduzione, croce e delizia dei freelance e motivo di scongiuri, preghiere accorate, danze tribali e qualsiasi altra pratica magica atta a propiziare la buona sorte. So bene che è un tema sensibile per i traduttori, quindi vorrei condividere con voi la mia esperienza, ma soprattutto conoscere la vostra.

10426688_10203908419252156_2074671504008738644_nDal mio punto di vista ci sono prove e prove. Ci sono quelle di routine per le agenzie a cui inviamo spontaneamente la nostra candidatura: in questo caso si tratta di una sorta di test di ingresso mirato a capire le nostre abilità in uno o più ambiti e il risultato può essere un generico “ammesso/non ammesso a far parte dello staff” (o meglio, di un database). Non sono legate a progetti concreti e spesso l’attesa chiamata può tardare ad arrivare… o non arrivare mai. Ci vuol pazienza!

Cosa ben diversa sono le prove legate a un progetto concreto: dal loro esito dipende l’ottenimento di un incarico, quindi la pressione è molto più alta e un sì o un no possono avere conseguenze decisive. All’inizio della mia attività, ad esempio, ricevetti una prova per il romanzo d’esordio di un’autrice sudamericana, grande promessa in patria; il genere era il realismo magico… insomma, il mio sogno! Già mi vedevo come la nuova Ilide Carmignani, quindi mi impegnai al massimo e aspettai per giorni la risposta in trepidante attesa. Il no arrivò nel momento peggiore; stavo facendo le pulizie di casa (quindi l’umore non era dei migliori) e lo presi come un segno del misero destino che mi attendeva!

Fortunatamente non andò così e presto arrivarono altre prove (e incarichi) che mi diedero fiducia. Una era per una casa editrice importante e andò alla grande: nella mail di risposta dicevano che la prova era perfetta e il lavoro era mio. Strano a dirsi, quando aprii il file vidi che il mio testo era corretto credo al 50%! Misteri dei correttori, evidentemente, perché in seguito ho tradotto diversi libri per questa casa editrice con grande soddisfazione reciproca. Una cosa simile mi capitò con un’agenzia di servizi editoriali: non passai la prova per un certo libro, ma mi chiamarono lo stesso per altre traduzioni. Insegnamento? Mai scoraggiarsi: le vie della traduzione sono infinite!

Dopo diversi anni di esperienza ho capito che le prove di traduzione sono uno strumento fondamentale. E non mi riferisco solo al cliente che può testare un potenziale nuovo traduttore, ma anche al traduttore stesso che può testare il suo potenziale cliente.

Da una prova infatti si può capire moltissimo: se ad esempio il cliente la vuole in 24 ore ma impiega settimane a dare una risposta, forse non è poi così serio come sembra (e lo stesso problema potrebbe presentarsi con i pagamenti!). Se la prova consiste nel tradurre un film di successo ma l’agenzia si occupa di filmati aziendali… be’, anche qui qualcosa non va. Inoltre la prova serve a capire se il lavoro fa per noi, se c’è feeling con il cliente o se potrebbero presentarsi problemi in futuro. Una volta ne feci una per una traduzione di sottotitoli, che in aggiunta andavano temporizzati in sincrono perfetto con il labiale degli attori. E quando dico perfetto intendo dire che mi rimandarono indietro la prova credo cinquanta volte per sistemare dettagli impercettibili all’occhio umano (o almeno, al mio). Alla fine mi dissero che ero dei loro e mi proposero un incarico, ma io feci quello che un traduttore neo-contrattato non dovrebbe mai fare: risposi che ero occupata, e come mi aspettavo non mi richiamarono più. In pratica fuggii: se per cinque minuti di video avevo impiegato tre giorni di lavoro, non osavo pensare all’inferno di tradurre intere serie! Questo non vuol dire che quelle persone fossero pazze, ma semplicemente che quel lavoro non faceva per me. E per fortuna l’avevo capito dalla prova e non dopo essermi impegnata per un progetto.

Ci tengo a precisare che questa sensibilità per il cliente si affina con l’esperienza: all’inizio naturalmente è bene accettare tutto l’accettabile, perché ogni incarico insegna qualcosa (nel bene o nel male) e perché serve cimentarsi un po’ in tutto per conoscere noi stessi come traduttori, capire quali lavori ci sono più congeniali e con quali clienti c’è più intesa. In questo modo col tempo è possibile godere di uno dei più grandi privilegi dei freelance: poter scegliere i clienti e gli incarichi.

Ecco qualche consiglio veloce per capire il potenziale cliente dalla prova di traduzione che vi propone. La prova:

  • dev’essere breve: 300 parole o 3/5 minuti di video
  • dev’essere corretta in tempi ragionevoli
  • dev’essere pertinente con l’ambito di lavoro del cliente
  • non deve contenere richieste assurde o infattibili per voi
  • va svolta ogni volta che se ne ha la possibilità (per fare esperienza e per farsi conoscere)
  • va realizzata al meglio delle vostre capacità

E ricordate di offrirvi sempre di farne una quando inviate il vostro CV: dimostra la vostra serietà e disponibilità a farvi “testare”… e torna utile anche a voi.

Leggi anche Prove di traduzione/2 (o i tortuosi percorsi dei traduttori)

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14 risposte a "Cosa insegnano le prove di traduzione"

  1. Ragazze buonasera, chissá, magari potete togliermi un dubbio. Cosa succede una volta che accettano la prova? Come si dovrebbero comportare in merito al contratto? Come si fa ad avere le giuste garanzie per poter iniziare? Grazie per la vostra attenzione

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    1. Ciao Agnese! Se la prova ti è stata mandata da una casa editrice senz’altro ti faranno un contratto “serio”, quindi non ci sono problemi (poi il rischio che non ti paghino può esserci, ma avendo un contratto hai uno strumento per rivalerti). Le agenzie raramente fanno contratti, ma puoi chiedere una lettera di intenti in cui il legale rappresentante scrive nero su bianco che ti pagherà una certa somma (a parola, a minuto…) per le traduzioni. Anche questo ti può tornare utile in caso di problemi. Ti consiglio anche di tenere il carteggio, soprattutto la mail in cui invii la fattura o nota, perché se non te la contestano entro tot giorni significa che la accettano e in caso di ricorso sono costretti a pagarla. Spero di averti dato qualche dritta… tu senz’altro mi hai dato un’idea per un futuro post 😉

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  2. Care colleghe, leggo spesso di aspiranti traduttori che stanno ore e ore davanti al pc inviando CV e attendendo risposte. Vi do un consiglio, per esperienza personale: uscite, frequentate luoghi frequentati da altri colleghi, fiere dell’editoria, corsi, giornate dedicate ai traduttori… Fuori c’è un mondo che offre veramente tante possibilità di lavoro e di vita sociale, anche da li’ arrivano le prove di traduzione 😉 buon lavoro!

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  3. Grazie per questo post molto interessante! Io sono davvero alle prime armi e per ora ho fatto una sola prova che purtroppo non è andata bene. Quello che a me preoccupa è l’età: ho 33 anni e, sebbene collabori già con una casa editrice (correggo bozze e rivedo testi), la mia aspirazione più alta è diventare traduttrice, anche di testi tecnici, in realtà. Così, ogni giorno mi trovo davanti al mio pc a inviare curriculum, con la speranza di essere contattata, almeno per questa benedetta prova di traduzione.

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  4. Visto che ho già qualche annetto di esperienza alle spalle, mi permetto di raccontarvi un’esperienza da cui ho imparato qualche cosa.

    Un paio di anni fa risposi all’annuncio di un’agenzia che cercava un traduttore interno. Furono organizzate tre giornate di prove e mi presentai all’ultima.
    Il testo da tradurre (circa 300 parole) era un *collage di brani* nei due settori di punta dell’agenzia: la meccanica e i testi legali.
    La traduzione era *dall’italiano all’inglese* (!), ma eravamo tutti madrelingua italiani.
    A disposizione avevamo *tre dizionari “d’epoca” sfasciati* (di cui uno tecnico e due bilingue) da dividerci in tre e, ovviamente, niente internet.
    Insomma, era una condizione di lavoro surreale.

    Ognuna di queste tre circostanze costituirebbe, da sola, un motivo valido per alzarsi e andare via. Avendo guidato per più di un’ora per arrivare lì, mi dissi che, se me ne fossi andata, avrei comunque perso due ore. Tanto valeva perderne tre e mettermi alla prova.

    Arrivata all’ultimo paragrafo mi accorsi di un refuso clamoroso che rendeva la frase intraducibile. Mi alzai e andai a segnalare la cosa alla responsabile. Dapprima fu molto seccata, poi dovette ammettere l’errore e si disse stupita che nessuno, in tre giornate di prova, glielo avesse fatto notare.

    Non feci in tempo a tornare a casa che ricevetti una telefonata dall’agenzia: mi comunicarono che la prova era stata ampiamente superata e che, dal momento che vivevo lontana e che la posizione che offrivano non avrebbe potuto coprire le mie spese “da pendolare”, mi avrebbero mandato il link per compilare il modulo dei traduttori freelance.

    Il modulo era scritto in italiese. Nel senso che sarebbe dovuto essere inglese, ma era farcito di calchi dall’italiano. Come se non bastasse, era pieno di “condizioni capestro”, richieste di correzioni gratuite di memorie di traduzione altrui ed altre amenità. Ad un certo punto lessi una domanda che prevedeva una risposta affermativa o negativa. Dopodiché il testo proseguiva con un “If yes…”. Fu come un pugno in pieno viso e fu abbastanza per farmi decidere di chiuderla lì.

    Non ebbi nemmeno il coraggio di ricontattarli: avevo capito che, se avessi segnalato loro la marea di “pecche” del loro modulo, peraltro messo online a disposizione di un pubblico di traduttori professionisti, sarei finita sotto un diluvio d’insulti.

    LEZIONE 1: Ecco come *non* deve essere una prova di traduzione (e un’agenzia seria).
    LEZIONE 2: Se questi lavorano tanto, e con aziende grandi, là fuori ci deve essere posto anche per chi è serio e lavora bene.

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  5. Ciao Eleonora! Anche io sono una traduttrice, per ora solo tecnica ma con un sogno nel cassetto come il tuo: diventare traduttrice editoriale! Per ora ho fatto solo una prova di traduzione per una casa editrice, purtroppo non concretizzata in una collaborazione, ma continuo a sperare!

    Grazie per aver condiviso la tua esperienza, noi traduttori “alle prime armi” abbiamo bisogno di esempi positivi e tenaci 🙂

    Buon lavoro!

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